“Magazen” o “Magazzen”

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“Magazen” o “Magazzen”

03/10/2018

In tutti i sestieri di Venezia compare il toponimo “magazen” (magazzino); si contano infatti 18 calli, 5 sottoportici, 2 corti, 1 fondamenta, 2 campielli 3 rami, che ricordano l'esistenza di questi locali, così diffusi in città, ai tempi della Serenissima.

Lo storico veneziano Giuseppe Tassini nel suo famoso libro “Curiosità Veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia”, riporta la definizione data a “Magazzen” dal Boerio, nel  “Dizionario del dialetto veneziano” (1829) ovvero  “bottega dove si vende vino al minuto, e dove a tempi veneti si ricevevano effetti in pegno, pei quali ritraevasi li due terzi in danaro, e un terzo in vino pessimo, detto appunto Vin da pegni”.

I “magazzeni” meglio conosciuti come “magazzeni da vin” erano mescite scadenti che offrivano vini locali e dove ci si accomodava su rozze panche. A volte gli avventori portavano con sé pane e formaggio o pesce fritto e accompagnavano lo spuntino con vino economico, ma scadente.

Vista anche la loro funzione di luogo dove impegnare oggetti e far circolare denaro, erano spesso teatro di tresche e appuntamenti promiscui che aumentavano soprattutto durante il Carnevale. Le situazioni grottesche che a volte si creavano all'interno dei “magazzeni”, attirarono l'attenzione di vari autori satirici, fra i quali Bartolomeo Dotti (1651 – 1713) che nel primo volume delle “Satire del Cavalier Dotti” riporta: “... Altri vanno ai magazzini / Dove mai non è penuria / D'appostati camerini / Per ricovero alla lussuria.” E poi ancora, nelle sue Satire Inedite, si trova scritto: “... Vedo dentro a un Magazzino / Per rumor di certa rissa / Un uom grosso, e un parigino, / Egl'è il Mussolo, e il Bragissa. / Ancor questi la discorrono / Sbevazzando a tutte l'ore, / Voglion vino e sempre corrono / Dove trovano il migliore.”

A Venezia venivano smerciate diverse qualità di vino, la maggior parte del quale era ricavato da vitigni delle isole veneziane, come Sant'Erasmo, San Francesco della Vigna, ma anche da viti coltivate nell'area di Piazza San Marco.
Oltre che nei “magazzeni”, il vino veniva consumato nelle osterie, che offrivano anche stanze per dormire, nelle malvasie, preposte alla rivendita di “vin foresto” e nei bastioni, vere e proprie bettole dove si potevano anche mangiare i famosi cicheti. C’erano poi le furatole, dove si consumavano pasti completi e i fritolini, dove si gustava pesce fritto con polenta.

 

Una calle, una storia: viaggio tra i toponimi veneziani alla scoperta del passato della Serenissima

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