I masegni e i palazzi del Ghetto di Venezia, che nel 2016 ha celebrato i 500 anni dalla sua nascita, in occasione del Giorno della Memoria non possono che far riecheggiare i mesti ricordi delle deportazioni della Seconda Guerra Mondiale che, anche in laguna, tra il 1943 e i primi mesi del 1945 seminarono dolore e morte. In totale, secondo il sito ufficiale della Comunità ebraica locale, furono 246 gli ebrei veneziani costretti, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e l'occupazione nazista, a lasciare le proprie case. Solo 8 furono le persone che riuscirono a fare ritorno nella loro città al termine del conflitto, custodendo il ricordo della deportazione. Altri, invece, intuirono per tempo ciò che sarebbe accaduto e decisero di andarsene prima, riparando all'estero o in terraferma.
Il "tesoro" della Sinagoga
La resistenza della comunità passò anche per la difesa delle proprie radici: nel settembre del 1943 per esempio, poco prima che arrivassero i tedeschi, due custodi della sinagoga spagnola e levantina riuscirono a nascondere in un sottoscala preziose corone e teche, oltre che decori per avvolgere i rotoli della Torah. I due furono poi deportati e non tornarono più. Gli oggetti, sfuggiti al saccheggio nazista, rispuntarono alcuni anni fa durante i lavori di restauro della sinagoga spagnola: si tratta di un tesoro inestimabile, specie per la carica morale che porta con sé.