“Ruga e Sotoportego dei Oresi”

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“Ruga e Sotoportego dei Oresi”

30/08/2018

Un'esclusiva di Rialto

Nell'area di Rialto, tra il Palazzo dei Dieci Savi e la Ruga Vecchia San Giovanni, si trovano i toponimi Ruga e Sotoportego dei Oresi (orefici).

Il nome deriva dalla  presenza di numerose botteghe di orefici che hanno origini molto antiche di cui si trova traccia in documenti del 1015. Nel marzo del 1331 fu approvata la deliberazione del Maggior Consiglio che obbligava gli oresi a commerciare, lavorare e vendere l'oro esclusivamente nell'Insula di Rialto, tuttavia anche dopo la revoca di tale restrizione, si continuò a lavorare e vendere oro e preziosi quasi esclusivamente a Rialto.

Le botteghe degli orefici erano situate principalmente nelle due Rughe di Rialto. Infatti la Ruga Vecchia San Giovanni era chiamata anch'essa Ruga dei Oresi. Il Sabellico (1436-1506) nella sua opera “De situ Venetiae urbis” la nomina “Ruga degli Anelli” in quanto lì si vendevano principalmente anelli e oggetti di piccole dimensioni. Nella Ruga maggiore, detta anche Ruga Granda, si vendevano invece manufatti di grandi dimensioni, come soprammobili, stoviglie, vasellame.

Mantenere gli edifici pubblici: la collaborazione degli Oresi

Ogni artigiano che aveva bottega prospiciente il sottoportico e la Ruga degli Oresi si impegnava a far affrescare la crociera del soffitto in corrispondenza del proprio negozio, dandogli così lustro e provvedendo contemporaneamente alla manutenzione in buono stato dell'edificio pubblico. Gli affreschi del Sotoportego di Rialto sono tra i rari affreschi esterni rimasti visibili in città.

L'Arte dei oresi, zogielieri e diamanteri, che riuniva rispettivamente gli artigiani orefici, i gioiellieri e i tagliatori di diamanti, elesse a proprio patrono Sant'Antonio Abate a cui è dedicato un altare nella chiesa di  San Giacometo. Nel capitolare del 1233, uno fra i più antichi delle arti veneziane, si legge che agli oresi era vietato incastonare pietre false o di vetro mentre agli strazaroli e agli ebrei era vietato il commercio di ori, argenti e gemme. Gli oresi veneziani erano specializzati nella realizzazione di monili con la tecnica della “filigrana”, detta per questo “opus veneciarum” o “opus venetum ad filum” con la quale fabbricavano i famosi  “manini” detti anche entrecosei (intrigosi), perché fatti di sottilissime maglie d'oro che facilmente si intricavano nella lavorazione di collane e bracciali. Questi artigiani collaboravano nella produzione degli arredi sacri delle chiese e, tra le altre cose, fabbricavano anche pugnali e scudi di grande valore.

L'Arte raggiunse l'eccellenza anche nel taglio dei diamanti, da parte dei diamanteri, con tecniche raffinate, che furono copiate dagli olandesi. Fu Ortensio Borgisi, diamanter veneziano, a tagliare "a rosa" il famoso "Gran Mogol", dal peso di 280 carati, di colore blu chiaro, scoperto in India nel XVII secolo.

Assai rinomati erano infine gli oggetti lavorati con la tecnica dell'agemina - incastro di piccole parti di uno o più metalli di vario colore - e poi smaltati.

 

Una calle, una storia: viaggio tra i toponimi veneziani alla scoperta del passato della Serenissima

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