“Stua”

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“Stua”

10/09/2018

Ai tempi della Serenissima, ad alcune calli di Venezia è stato dato il nome “Stua” (stufa).  In città tutt'oggi si trovano: Calle de la Stua nei pressi di Via Garibaldi, Sottoportico della Stua a San Giovanni Nuovo, entrambi nel sestiere di Castello, Calle e Fondamenta della Stua  nei pressi di San Felice, Calle della Stua nella zona di san Giovanni Grisostomo nel sestiere di Cannaregio, nonché Campiello, Sottoportico, Fondamenta e Ramo de la Stua vicino alle Carampane a Santa Croce.

La “Stua” come una moderna Spa

Gli Stueri  (chirurghi di bassa levatura) facevano parte di un “colonnello” dell'Arte dei Barbieri ed avevano i loro laboratori nelle citate zone della città. Per il loro lavoro avevano continuamente bisogno di acqua calda e per questo tenevano una stufa sempre accesa.

Nella sua opera “Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche”, alla pagina 164 del libro III, lo storico veneziano Giambattista Gallicciolli (1733 – 1806) scrive: “S'apre in calle di Ca' Bragadin altra Calle che torcendo poi a sirocco perviene alla Fondamenta delle Tette ove trovasi un sottoportico. Ma prima nel mezzo si spande in un seno quadrato o piazza, che s'appella Corte de la Stua, ov'è un pozzo (che oggi non c'è più n.d.r.). Stueri diciamo gli Stufaioli, cioè quel genere di Chirurghi, i quali sogliono far loro mestiere accomodando le ugne de' piedi, risecando cali &c. perché sempre hanno in pronto acqua calda, ovvero qualche luogo caldano per comodo di quelli, che si vogliono far curare. Nel libro luminarie del SS.° nostro, all'anno 1621 si trova Antonio Stuer, e Lunardo Stuer. Ove stanno questi Chirurghi suole dirsi Corte o Calle de la Stua”.

L'influenza orientale

Lo storico Samuele Romanin (1808–1861) sostiene invece che le stue fossero luoghi dove si poteva fare un bagno caldo; ciò anche in base a quanto affermava Alvise Molin (1606-1671) nel suo Diario, scritto mentre era ambasciatore a Costantinopoli: "...nel ritorno a casa dessimo un'occhiata ad uno dei loro bagni, che molti e frequentissimi sono nella Turchia, fatti per lavarsi prima dell'orazioni loro, che altro non sono che stufe in tutto simili alle nostre”.
 
Una cura per ogni malattia

Testimonianze dell'epoca riportano che nelle stue si curavano malattie di ogni genere, venivano fatti impacchi di mercurio e di altre sostanze ed essenze; si facevano deglutire medicine ricavate con particolari pozioni che spesso anziché guarire facevano trapassare il paziente. La Repubblica, di conseguenza, promulgò leggi sempre più restrittive nei confronti delle arti mediche.
Delle numerose stue presenti a Venezia, il veneziano cartografo, ed enciclopedista Vincenzo Coronelli (1650 – 1718) riporta: "Molti sono gli stueri sparsi per le contrade, ma quello di San Zaninovo porta sopra tutti il vanto".

Un centro benessere a volte ambiguo

Il sottoportico della Stua a San Giovanni Nuovo era sede di uno di questi stabilimenti, generalmente malfamati. Spesso infatti nelle stue si ospitavano prostitute. Anche la Stua di Rialto era un locale pubblico molto simile al "calidarium" romano dove si effettuava la cura del corpo e dei piedi da parte degli stueri e dove, nonostante espliciti divieti, si praticavano rapporti sessuali mercenari, maschili e femminili. Non a caso, proprio vicino alla fondamenta della Stua di Rialto troviamo il ponte de le Tette, così chiamato per la presenza di numerosi postriboli.

 

Una calle, una storia: viaggio tra i toponimi veneziani alla scoperta del passato della Serenissima

 

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