Una calle, una storia: "Riva de l'Ogio”

Condividi
Riva de l'Ogio
 

Una calle, una storia: "Riva de l'Ogio”

17/01/2019

La “riva de l'Ogio” (olio) è una fondamenta lungo il Canal Grande - situata tra il Mercato di Rialto e Calle del Campaniel - dove, ai tempi della Serenissima, si trovavano i magazzini per conservare l'olio destinato all’alimentazione, all’illuminazione e alle fabbriche. Tali depositi erano controllati dai Visdomini della Ternaria (organo finanziario di controllo sull'olio e altri prodotti; riscuoteva i dazi anche su sapone legname e ferro, verificava le misure usate nella vendita dell'olio, censiva gli olivi).

L'area di Rialto era, tra l'altro, il porto commerciale di Venezia e, sulle sue rive, erano dislocati i magazzini delle merci più importanti. Fino al 1743, la vendita al minuto dell'olio, a Venezia, avveniva nelle "botteghe", concentrate nel centro della città, e nelle "poste" . Nei pressi del Mercato di Rialto, la vendita di olio e di sapone avveniva in botteghe separate, mentre a San Marco i “mercanti da ogio” potevano vendere anche il sapone. I “mercanti da ogio” e i “saoneri” venditori di “saon” (sapone) costituivano una corporazione, istituita nel 1566, con sede a Sant'Agostin.  Le “poste”, sparse in tutta la città, rifornivano principalmente panettieri, locandieri, pasticceri ed osti.

Ben conosciuto tutt'oggi è il “Ponte de l'Ogio”, vicino al Fontego dei Tedeschi, al confine tra i sestieri di San Marco e Cannaregio, così chiamato perché luogo di scarico e vendita dell'olio. L'utilizzo dei grassi in cucina aumentò costantemente tra il Medioevo e l'Età moderna e ciò è testimoniato dall'elevato numero di ricette che prevedevano l'uso dell'olio e del burro nel XVII secolo, in confronto a quelle del XIV secolo. Dal “Libro per Cuoco”, un trattato di cucina di 135 ricette redatto da autore anonimo alla fine del '300, si può stimare che quasi la metà delle ricette veneziane prevedeva l'utilizzo di lardo o strutto mentre, per una piccola parte, si usava l’olio d’oliva; tutte le altre erano senza condimento.

Gli approvvigionamenti oleari della Repubblica coprivano i consumi alimentari della popolazione e rifornivano anche due settori importanti delle manifatture cittadine: i saponifici e i lanifici. L'olio costituiva un terzo del peso finale del sapone di cui, alla fine del '400, Venezia aveva monopolizzato la produzione; nel '500 si contavano più di 25 fabbriche di sapone in città.

L'olio era poi indispensabile per la cardatura della lana, settore che si espanse notevolmente nel '500. L'olio di qualità meno pregiata era infatti largamente utilizzato nei lanifici.

Sino alla fine del secolo gli uffici della Ternaria obbligarono i commercianti di olio a depositare un quinto del loro carico nei magazzini della Magistratura per garantire l'approvvigionamento della città e calmierare i prezzi nei momenti di penuria; nel '600 fu richiesto solo un onere fiscale.

Spesso la marineria trasportava l'olio a carattere personale per poi venderlo direttamente ai  consumatori e, per ovviare a questo inevitabile danno all'erario, fu istituita a metà del '600 la “Doanetta” (piccola dogana), che immagazzinava i carichi di olio degli equipaggi delle navi veneziane e offriva in cambio facilitazioni fiscali.

Sulla “riva de l'Ogio” si trovavano lo “stazio di spalla” del traghetto trasversale (che partiva dallo stazio principale di San Geremia) e gli ormeggi per le barche che trasportavano la legna o le “boti da ogio”. Le botti venivano costruite nella vicina “calle dei Boteri”.

Inoltre, sulla “riva de l'Ogio”, esisteva anche lo stazio delle "barche di Mestre", uno dei cosiddetti “tragheti de fora” (ovvero i traghetti che assicuravano il trasporto delle merci da e verso le città della terraferma, utilizzando anche la rete fluviale interna).

Una calle, una storia: viaggio tra i toponimi veneziani alla scoperta del passato della Serenissima

 

Unisciti al canale Telegram del Comune di Venezia

Top