Le “Fabbriche Vecchie”
Un terribile incendio, il 10 gennaio 1514, distrusse quasi completamente il Mercato di Rialto che era situato, dov'è ancora oggi, in un'insula, in corrispondenza di un'ansa profonda del Canal Grande. Il Mercato, (già organizzato nel 1322 per aree di vendita differenti a seconda del prodotto e poi migliorato nel 1459), riporta tuttora la toponomastica che ricorda le diverse attività che vi si svolgevano: ruga degli Oresi, Pescaria, Erbaria, Casaria, Beccarie ecc.. L'area era ricca di botteghe, magazzini e abitazioni, costruiti per la gran parte in legno e non era attraversata da canali.
Per la ricostruzione furono approvati alcuni progetti dell'architetto Antonio Abbondi, detto lo Scarpagnino, che ripropose la precedente organizzazione e progettò le Fabbriche Vecchie di Rialto (1520-22), la vicina chiesa di S. Giovanni Elemosinario (1531) - il cui spazio antistante veniva affittato dal clero a botteghe - e il palazzo dei Dieci Savi alle Decime (1521).
Nell'ottica di una ridefinizione degli spazi a seconda dell'uso, lo Scarpagnino previde una serie continua di corpi di fabbrica intorno a campo San Giacometto e lungo il Canal Grande.
Le Fabbriche Vecchie erano costituite, al piano terra, da un porticato destinato a botteghe detto del Bancogiro mentre, i piani superiori, erano adibiti a uffici e depositi.
Il palazzo dei Dieci Savi alle Decime (di fronte al sottoportico del Bancogiro), lungo 113 metri con un portico a trentasette archi per l’intera lunghezza e quattro arcate sulla facciata prospiciente il Canal Grande, ospitò gli uffici dei Dieci Savi alle Decime, che era uno dei gruppi di magistrati addetti alle finanze (Decima era l'imposta reale a carico dei cittadini di Venezia e del Dogado pari al dieci per cento sui redditi dei loro beni): attualmente è sede del Magistrato alle Acque.
Il Mercato si amplia e si riorganizza
Le “Fabbriche Nuove”
Furono poi costruite le Fabbriche Nuove, opera rinascimentale eseguita tra il 1554 e il 1559, su progetto di Jacopo Sansovino, costituite da un lungo edificio con porticato che riprende la struttura delle Fabbriche Vecchie e che ospitava i magistrati veneziani che vigilavano sull'attività commerciale di Rialto (attualmente sono sede del Tribunale di Venezia). La costruzione delle Fabbriche Nuove derivò dall'esigenza di ristrutturare ed ampliare il Mercato che, in quella parte, fino ad allora, non era edificato ed era saturo di botteghette di legno sparse qua e là.
Magistratura e finanza a fianco del Mercato
Al culmine dell'ansa sul Canal Grande fu costruito tra il 1525 ed il 1528, su progetto di Guglielmo dei Grigi, il palazzo dei Camerlenghi, sede di magistrature finanziarie, tra le quali i Camerlenghi (pubblici cassieri dello Stato sovrintendenti alle attività di riscossione e di redistribuzione delle entrate), i Consoli e i Sopraconsoli dei Mercanti. Data la posizione, il palazzo, oggi sede della Corte dei conti, ha una singolare caratteristica: tutte le sue cinque facciate sono visibili dal Canal Grande, ovviamente da punti diversi.
Le pene esemplari e visibili a tutti servivano da monito
Data l’importante funzione economica, il piano terra del palazzo era destinato a prigione, come testimoniato dal toponimo “Fondamenta de la Preson”. Tale prigione era costituita da tre stanze, con basse finestre sulla fondamenta, munite d'inferriate, dove, oltre ai debitori insolventi, scontavano la pena i rei di piccole trasgressioni e provvisoriamente venivano “ospitati” anche i delinquenti maggiori, fino al loro trasferimento nelle altre prigioni della città. La posizione strategica lungo la fondamenta, sull'ansa del Canal Grande, permetteva di vedere i prigionieri e serviva pertanto di avvertimento per quanti passavano.
La severità della giustizia veneziana trova esempio nell'episodio che coinvolse un certo Giovanni Battista dalla Terra di Lavoro che entrò con chiavi false nel palazzo dei Camerlenghi, dove rubò uno scrigno contenente otto mila ducati, di cui quattro mila gazzette (antiche monete veneziane coniate nel 1539). Reo convinto ma non confesso di tale furto, gli fu tagliata la mano destra davanti al palazzo e poi venne impiccato a Rialto.
Una calle, una storia: viaggio tra i toponimi veneziani