Giorno della Memoria 2025: al Teatro La Fenice la cerimonia cittadina con il sindaco Luigi Brugnaro

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Giorno della Memoria 2025: al Teatro La Fenice la cerimonia cittadina con il sindaco Luigi Brugnaro

26/01/2025

Le commemorazioni in ricordo delle vittime delle persecuzioni e dello sterminio nazifascista giungono anche quest’anno al loro momento più solenne. Si è infatti svolta questa mattina, in un Teatro La Fenice gremito, la cerimonia cittadina per il Giorno della Memoria 2025.

Un'occasione di riflessione a cui hanno preso parte il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Dario Calimani e il direttore generale della Fondazione Teatro La Fenice, Andrea Erri. L'evento è stato realizzato dal Comune di Venezia, Presidenza del Consiglio comunale, in collaborazione con il Teatro La Fenice e il comitato "Il giorno della Memoria. 27 gennaio".

La cerimonia, molto sentita dalla cittadinanza e dalle istituzioni, si è aperta con gli interventi delle autorità, a cui il direttore generale Erri ha dato il suo benvenuto. "Il Teatro La Fenice, palcoscenico di grandi opere e di momenti indimenticabili, si fa oggi scrigno di memoria, custode di un passato che non possiamo e non dobbiamo dimenticare", ha spiegato. "Il Giorno della Memoria è più che mai attuale - ha poi proseguito Erri - perché ci ricorda che l'indifferenza, la passività, il silenzio possono aprire la strada a nuove forme di oppressione e di violenza. Ci ricorda che ognuno di noi ha la responsabilità di opporsi all'ingiustizia, di difendere i valori di umanità e di rispetto, di costruire una società più giusta e solidale. Questo teatro non è solo un palcoscenico per la musica e lo spettacolo. È uno spazio dove la comunità si ritrova, dove si condividono emozioni, dove si costruisce un senso di appartenenza comune. La Fenice si impegna a promuovere i valori della memoria, della tolleranza, della solidarietà. Perché crediamo che la cultura, l'arte, la musica siano strumenti potentissimi per costruire un futuro migliore. Credo che la cultura, l'arte, la musica abbiano un ruolo fondamentale nel combattere l'odio e promuovere la pace. La musica, in particolare, ha il potere di parlare al cuore, di abbattere i muri, di creare ponti tra le persone. Usciamo da questo teatro con la consapevolezza che la memoria è un dono prezioso, un'eredità che dobbiamo custodire e tramandare alle future generazioni. Facciamo in modo che il ricordo delle vittime della Shoah sia un monito costante, un faro che ci guida verso un futuro di pace e di fratellanza. E che la Fenice, con la sua storia di rinascita e di resilienza, sia simbolo di speranza, illuminando il cammino verso un futuro dove l'orrore della Shoah non si ripeta mai più".

Alle parole di Erri, sono seguite quelle del sindaco Luigi Brugnaro. “Shalom. Voglio iniziare con un messaggio di Pace. Perché ritrovarci qui, oggi, a Venezia, al Teatro La Fenice aperto per l’occasione, non deve diventare una ricorrenza abituale, di quelle che si ripetono stancamente - ha commentato il primo cittadino - Sono passati 80 anni, la vita media di una persona, da quel 27 gennaio 1945, quando le porte di Auschwitz furono finalmente aperte. Una data solo simbolica, perché tanti prigionieri erano già stati trasferiti in altre strutture attraverso quelle che furono poi definite le 'marce della morte'. Altre migliaia di persone dopo quel 27 gennaio continuarono a perire per l’esposizione alle intemperie, per la fame e per la fatica. Altre ancora non resistettero negli anni successivi a convivere con il dramma vissuto e si tolsero la vita. Una ferita ancora dolorosamente aperta. 'Nonostante la storia dell'uomo sia purtroppo costellata di eccidi, massacri e genocidi, Auschwitz - con il sistema di cui faceva parte - costituisce un unicum, che continua a tormentare la mente, e il cuore, di ogni persona umana degna di questo nome'. Così il presidente Sergio Mattarella inquadrò la Shoah e la solennità di questa giornata nel suo primo intervento in occasione della Giornata della Memoria", ha spiegato il sindaco Brugnaro per poi proseguire. “Per questo, come in un ossimoro, la Città mette a disposizione il suo teatro più bello per raccontare gli abissi della nostra coscienza. Ascolteremo voci e storie dell’orchestra femminile di Auschwitz. Immaginate se in quel violino, in quella viola, in quel violoncello non vi fossero corde intonate e tese, ma filo spinato. Eppure, anche di fronte alla prospettiva dell’Olocausto, alle porte delle camere a gas, i musicisti deportati non hanno rinunciato a comporre note e a suonare. Era una speranza a cui aggrapparsi per sopravvivere. Come ci ha ricordato Hannah Arendt, il Male, quello con la M maiuscola, quello assoluto, può assumere anche la forma della banalità. Come un demone, nascosto nel profondo dell’animo umano, che improvvisamente si trasforma in un virus, riaffiorando e contaminando le masse, non trovando, purtroppo, anticorpi adeguati. Anche noi non ne siamo stati immuni. In Italia, nella culla del cristianesimo e del Rinascimento, furono promulgate la leggi razziali nel 1938. Il nazi-fascismo ha una responsabilità storica che non possiamo dimenticare. Si iniziò con l’isolamento, a scuola, nei posti di lavoro, nei negozi, anche qui alla Fenice, e si finì con le deportazioni di massa ai campi di concentramento, verso quella che definirono la 'soluzione finale'.

Il sindaco ha poi aggiunto: "Come padre, nel ruolo di genitore di cinque figli, come sindaco, nel ruolo di pubblico ufficiale, come cristiano, nella mia coscienza, mi interrogo spesso sul perché non vi sia, prima di tutto il rispetto. Ciascuno dovrebbe essere “il custode dell’altro”, come riportato nella Genesi, un testo sacro per entrambe le nostre religioni. Un principio ricordato anche da Papa Francesco in una delle prime omelie appena salito al soglio pontificio “«la vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti»". Il primo cittadino si è poi rivolto alle istituzioni presenti: “Voglio rassicurarla, presidente Calimani. Con me, Venezia resterà una città libera, aperta al dialogo, in cui sarà sempre distinto il diritto al dissenso dalla violenza, che non serve sia solo fisica, ma troppo spesso è verbale e morale. Penso sia alle scritte ingiuriose sui nostri muri, alle macchie di vernice sui portoni, ma anche ai rigurgiti antisemiti, alle violenze contro i cristiani e quelle islamofobe, senza dimenticare a chi sogghigna al tavolo accanto o a chi confonde la Shoa con la nascita dello Stato di Israele, l’essere ebrei di religione con la cittadinanza italiana - ha dichiarato il sindaco - Caro presidente Calimani, non sentitevi mai soli. Siamo la stessa comunità. Orgogliosamente. Siamo la città dove cristiani, ebrei e musulmani possono convivere, all’insegna del rispetto reciproco. Dove la libertà, anche di competere, è un valore che difenderemo sempre, perché è sinonimo di rispetto”.

Per concludere infine: “Nell’anno giubilare appena iniziato, spero che la pace in Palestina sia duratura e che consenta di riprendere quel percorso di normalizzazione dei rapporti secondo il principio dei due popoli e due stati. Spero che la pace, una pace giusta, arrivi presto anche per gli amici ucraini, per poter dare una prospettiva di futuro ai tanti loro bambini. Lo spero anche negli altri 50 conflitti sparsi nel mondo, affinché la mano dell’uomo non continui ad uccidere altri uomini. Fare memoria significa non dimenticare le orme che abbiamo lasciato nella nostra vita passata, sia individualmente che come società. Raccogliere e ascoltare le testimonianze, dirette o indirette, è il migliore antidoto alle fake news negazioniste. Oggi, siamo qui per la Pace. Una forza positiva, senso e direzione del nostro agire. Shalom. Amici. Shalom”.

A chiudere gli interventi delle autorità, il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Dario Calimani, che da subito si è posto il quesito di quanto abbia senso oggi commemorare la Shoah. "Può una riflessione sull'antisemitismo - ha commentato - aiutarci a capire, almeno in parte, gli eventi spaventosi di oggi? È un quesito che non vuole creare illusioni, perché la storia registra il passato, e nulla insegna, perché nulla siamo disposti ad apprendere". Calimani ha poi proseguito elencando i primi mille anni del popolo ebraico, senza tralasciare eventi importanti e significativi: "Nel commemorare la Shoah e i suoi sei milioni di morti, si perde purtroppo la consapevolezza delle vite e dei volti delle singole vittime. La Shoah avrebbe potuto essere un monito per il presente, ma non funziona così. Non ha mai funzionato. Lasciamolo essere, almeno, un incubo del passato, in tutta la sua specificità, non straziato da forzate analogie e da falsi paragoni. L'antisemitismo è vivo e vegeto fra di noi e sempre più vigoroso. Basta poco a riportarlo in emersione, con vari pretesti. L’ebreo è sempre l’obiettivo ultimo, facile da individuare e da raggiungere. Ritornano d’attualità stereotipi più o meno antichi: il potere politico ed economico degli ebrei, rispolverato da un armamentario linguistico nazista, in un paese, come l’Italia, in cui gli ebrei sono poco più di ventimila e del tutto ininfluenti. Si è detto e scritto, qui a Venezia, che il potere ebraico vuole zittire le voci libere, solo perché si è contestato l’impiego del termine ‘genocidio’. Non siamo qui per difendere o per giustificare, né per denunciare e condannare. Siamo qui per ricordare che cosa sia l’antisemitismo e a che cosa portino il pregiudizio e l’odio, la propalazione di stereotipi irriflessi, l’uso strumentale del linguaggio che costringe e uniforma il pensiero. Orwell insegna. È tempo sprecato commemorare lo stermino della Shoah e posare pietre d’inciampo, se della Shoah non si impara la lezione.Non c’è alcuna reazione da parte della società civile. Ritornano indifferenza e minimizzazione. L’impegno nella diffusione del pregiudizio è intenso, il contrasto all’odio è pressoché inesistente e spesso poco convinto. Finora ci siamo limitati a individuare qualche giusto del passato, a erigere qualche monumento, a mettere, ottant’anni dopo, una targa in cui le parole nazismo e fascismo non compaiono. E ancora non riusciamo a conoscere i nomi dei delatori che ci hanno avviato alle camere a gas. Anche qui a Venezia. Ci si gira dall’altra parte, come allora".

Calimani ha poi concluso: "Ogni morto civile è una tragedia, ogni bambino ucciso è una tragedia. Ogni innocente che soccombe è una tragedia. Non è questione di numeri o da che parte stai, è questione di umanità negata, è questione di diritti di tutti calpestati, è questione di propagazione indiscriminata del terrore, è questione di indifferenza alla storia dell’altro. La partigianeria, la faziosità, lo scontro rendono il posizionamento assai più semplice dell'incontro e della ricerca faticosa di comprensione e di dialogo. La via dell’odio è sempre la più facile da percorrere, e la riflessione complessa non è dei nostri tempi. I nemici della nostra civiltà e della nostra società sono fanatismo ed estremismo. La Shoah non è proprio servita a nulla. Un immane sterminio gratuito, senza neppure la consolazione di essere monito al presente".

All'iniziativa hanno preso parte anche diversi membri della Giunta, del Consiglio comunale e di Municipalità, nonché le principali autorità cittadine civili e militari. Al termine degli interventi, la cerimonia cittadina è proseguita con il reading musicale dedicato alla storia dell’orchestra femminile di Auschwitz, le tre interpreti Claudia Bianchi al violino, Isabella Condini alla viola e Nausicaa Bono al violoncello hanno eseguito alcuni dei brani che facevano parte del repertorio dell'orchestra mentre le letture, tratte dal volume Eravamo il suono di Matteo Corradini, saranno affidate alla voce dell'autore.

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