Campi, campielli e corti, ma una sola piazza

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Collage di quattro campi veneziani
 

Campi, campielli e corti, ma una sola piazza

26/01/2021

Venezia, città poliedrica e unica dal glorioso passato, si contraddistingue anche nella toponomastica così strettamente legata alle attività che vi si svolgevano e che le conferisce un grande fascino, narrando in ogni angolo la sua storia, attraverso i cosiddetti “nizioleti”.

Gli spazi circondati da edifici, che si aprono nel dedalo di calli e callette (dal latino “callis”, viottolo, sentiero), non sono piazze, bensì campi, campielli e corti. E non a caso.
Questi luoghi, erano nati come prati per foraggiare il bestiame o per coltivare ortaggi. Successivamente vennero ricoperti con mattoni in cotto disposti a spina di pesce, poi furono sostituiti con i tipici masegni in trachite di forma rettangolare.

Gli spazi aperti davanti alle chiese, erano sede di cerimonie religiose e processioni, ma spesso anche adibiti a campo santo fino all’applicazione delle leggi sui cimiteri, contenute nell'editto di Saint-Cloud, emanato da Napoleone Bonaparte nel 1804.

La differenza tra campo e campiello sta nelle dimensioni, mentre la corte si contraddistingue per avere un unico sbocco che funge da entrata e da uscita.

Il campo, a Venezia, era ed è tutt’ora il centro della vita sociale.
Ai tempi della Serenissima il campo era anche il fulcro dell’attività commerciale dove gravitavano il mercato, le botteghe artigiane e spesso luogo di scambi di merci tra mercanti, ma era anche utilizzato per le manifestazioni, gli spettacoli e i discorsi pubblici.
Al centro del campo c’era il pozzo. I pozzi, abbelliti con artistiche “vere”, servivano per rifornire d’acqua piovana filtrata tutta la città.

Quanto alle piazze, a Venezia c’è solo “la Piazza” e si tratta di Piazza San Marco, che è il simbolo della città assieme al suo campanile, confidenzialmente chiamato “el paron de casa”.

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