Lido in Love: oggi al Centro Morosini agli Alberoni “Break the chains”, incontro sul tema della violenza sulle donne

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Locandina dell'iniziativa
 

Lido in Love: oggi al Centro Morosini agli Alberoni “Break the chains”, incontro sul tema della violenza sulle donne

14/02/2019

La presidente del Consiglio comunale di Venezia, Ermelinda Damiano, è intervenuta oggi nelle sale del Centro F. Morosini agli Alberoni a “Break the chains. Buone pratiche per spezzare la catena della violenza sulle donne”, appuntamento inserito nel programma della sesta edizione di "Lido in Love" organizzato dalla Proloco di Lido di Venezia e Pellestrina in collaborazione con l'Istituzione Centri di Soggiorno del Comune.

A discutere di violenza sulle donne e a come riuscire a combatterla c’erano numerosi relatori, moderati dal giornalista Davide Scalzotto, tra cui Alberto Quagliotto, direttore del carcere di Pordenone, Paolo Giulini, presidente del Centro Italiano per la promozione della mediazione, Gabriella Chiellino, delegata per Venezia della Fondazione Bellisario, Marina Rotoli, avvocato di Fondazione Doppia Difesa Onlus, ed Eleonora Zonter, presidente del Zonta Club di Venezia. Ha introdotto i lavori Anna Brondino, Advocacy chair of Italy D28 di Zonta International e presidente dell’Istituzione Centri di Soggiorno. L’intervento centrale è stato però la testimonianza di Lidia Vivoli, vittima di violenza.

“Il Comune di Venezia – ha esordito la presidente Damiano - è attento e sensibile a questo fenomeno che è purtroppo profondamente radicato nella società e rappresenta una vera e propria battaglia culturale che necessita di essere combattuta sotto ogni profilo: educativo, giuridico e politico. Di qui l’importanza di fare rete tra tutte le istituzioni pubbliche e private, il mondo dell’associazionismo e le forze dell’ordine, affinché non si abbassi mai la guardia”.

Dopo aver ricordato lo storico impegno del Comune di Venezia nella lotta alla violenza di genere – partendo dall’istituzione, già nel 1994, del primo Centro Antiviolenza pubblico in Italia, cui sono seguite l’apertura delle Case rifugio e la sottoscrizione di importanti protocolli, come quello del 1999 con l’Azienda sanitaria per l’istituzione del punto “Sos Violenza” nei Pronto soccorso degli ospedali di Venezia e Mestre con reperibilità h24 e, ultimo nel tempo, il "Protocollo operativo per la promozione di strategie condivise finalizzate alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della violenza domestica e di genere" - la presidente ha fornito alcuni dati per inquadrare il fenomeno nel territorio comunale. Dal 1994 al 2016, 6600 donne sono state accolte dal Centro Antiviolenza di Venezia. Delle 209 donne arrivate nel 2016 il 69% erano italiane e il 74% aveva almeno un figlio. Il 65% delle donne ha dichiarato di aver subito più tipi di violenza: 157 violenza psicologica, 123 fisica, 15 sessuale, 28 donne hanno denunciato stalking e molestie. Di queste solo il 20% ha sporto denuncia.

“E’ importante sottolineare – ha detto Damiano - che la maggior parte delle donne vittime di violenza ha conosciuto il Centro e i servizi a loro disposizione tramite conoscenti, amici e familiari. Questo fa capire che è essenziale stare loro vicino e far capire che le istituzioni sono pronte ad accoglierle”.

Per quanto riguarda gli autori di violenza, la maggior parte sono maschi italiani (il 73%), il 56% partner attuali delle donne vittime, il 24% ex partner. Il 20% sono persone della stessa cerchia familiare o di conoscenze. Solo l’1,4% è sconosciuto alla donna. Nel 2017 sono state prese in carico 302 donne con un progetto di uscita dalla violenza, 220 nuove donne in primo contatto, più 82 che avevano iniziato il progetto già nel 2016, sono state 86 le attivazioni in reperibilità 24h dagli ospedali e sono state ospitate 10 donne e 13 minori in Casa rifugio.

“Il nostro impegno continua – ha concluso la presidente – perché vogliamo fare il possibile affinché questa piaga sociale abbia fine”.

Tanto gli interventi di Quagliotto e Giulini - che hanno raccontato rispettivamente la realtà carceraria di Pordenone, in cui sono detenuti i cosiddetti “sex offender”, e i ritardi del sistema penale italiano rispetto alla legislazione internazionale in questo ambito - quanto la testimonianza di Lidia Vivoli, hanno messo in evidenza l’inefficacia del sistema penale italiano in materia di violenza sulle donne. In particolare narrando nel dettaglio il suo caso, la donna ha sottolineato in modo forte come la vittima che sporge denuncia non venga sufficientemente protetta. “Il più delle volte – ha detto – noi vittime, in Tribunale, veniamo vessate, giudicate e umiliate ancora, scavando nel nostro passato viene messo in dubbio il nostro comportamento. I nostri aggressori invece, il più delle volte, non finiscono in carcere e godono di attenuanti che li pongono in una posizione di vantaggio rispetto a noi. E alla fine sono in grado di colpire, ancora”.

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