Il campo trincerato di Mestre

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campo trincerato di Mestre
 

Il campo trincerato di Mestre

10/01/2019

Il Campo trincerato di Mestre, con il suo sistema di forti che formano due semicerchi posti a diversa distanza da Venezia, rappresenta oramai un esempio quasi unico, in Italia, di “archeologia militare” dell'Otto-Novecento.

La sua nascita ha origine dopo l'Unità di Italia, quando Mestre ed il suo entroterra vengono inseriti nel “Piano generale di difesa” predisposto dai nostri vertici militari, nel quadro di rafforzamento delle difese dell'Italia Nord-orientale, con caposaldo Venezia. E' opinione comune che una prossima guerra sia prima o poi inevitabile contro l'Impero austroungarico, per Trento e Trieste, e la città lagunare ospita infatti l'Arsenale, che ha una primaria importanza strategica, sull'Adriatico, per la nostra Marina, sia come deposito di munizioni che per ricovero delle navi.

Nonostante nel 1882 l'Italia firmi con la stessa Austria, e la Germania, la cosiddetta “Triplice alleanza”, proprio negli stessi anni inizia così la costruzione di tre forti, posti in un ideale semicerchio a circa 5 km da Forte Marghera (collocato ai piedi del ponte ferroviario translagunare) che oramai, col progresso delle armi, che ha fatto nascere cannoni di gittata molto superiore ai precedenti, non è più in grado di difendere Venezia. Sono i forti “Carpenedo”, “Brendole” (alla Gazzera) e “Tron” (a Ca' Sabbioni, tra Marghera e Oriago). 

Un ulteriore veloce progresso tecnologico nelle armi da guerra li fanno però diventare quasi subito inutili per la difesa di Venezia.
Nel primo decennio del Novecento ne vengono così costruiti altri, più lontani: forte Pepe (a Ca' Noghera), forte Cosenz (a Favaro), forte Mezzacapo (a Marocco), forte Poerio (a Gambarare), forte Sirtori (a Spinea), forte Bazzera e forte Rossarol (a Tessera).

La Prima guerra mondiale, che porta ad un ulteriore potenziamento delle capacità di offesa dell'artiglieria, rende anche questi forti inutili per la difesa di Venezia: vengono così in buona parte smantellati dei loro cannoni (inviati al fronte) e utilizzati per ospitare vettovaglie e truppe di passaggio. Solo dopo la rotta di Caporetto i forti più lontani vengono, su ordine del Capo di Stato maggiore Diaz, riarmati, per essere poi utilizzati in parte durante la Battaglia del Solstizio per fermare gli austriaci che hanno superato la linea del Piave. 

Nella Seconda guerra mondiale i forti hanno solo una funzione di deposito di munizioni e vettovaglie. Restano comunque “in servizio” sino a pochi anni fa, quando il Governo decide la loro smilitarizzazione. Ora sono utilizzati a scopi storici e culturali, e hanno anche una grande valenza naturalistica, ospitando al loro interno un ambiente rimasto in pratica incontaminato per oltre un secolo.

Venezia, 10 gennaio 2019

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