Giorno della Memoria 2024: al Teatro La Fenice la cerimonia cittadina con il sindaco Luigi Brugnaro

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Cerimonia cittadina
 

Giorno della Memoria 2024: al Teatro La Fenice la cerimonia cittadina con il sindaco Luigi Brugnaro

21/01/2024

Le commemorazioni in ricordo delle vittime delle persecuzioni e dello sterminio nazifascista giungono anche quest’anno al loro momento più solenne. Si è infatti svolta questa mattina, in un Teatro La Fenice gremito, la cerimonia cittadina per il Giorno della Memoria 2024. 

Un’occasione di riflessione a cui hanno preso parte il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Dario Calimani e il sovrintendente della Fondazione Teatro La Fenice, Fortunato Ortombina. L’evento è stato realizzato dal Comune di Venezia, Presidenza del Consiglio comunale, in collaborazione con il Teatro La Fenice e il comitato "Il giorno della Memoria. 27 gennaio". 

La cerimonia, molto sentita dalla cittadinanza e dalle istituzioni, si è aperta con gli interventi delle autorità, a cui il sovrintendente Ortombina ha dato il suo benvenuto. “Quella di oggi è una cerimonia importantissima nei confronti della quale, come Teatro La Fenice, avvertiamo un profondo dovere, specialmente considerati i tempi che corrono. Il teatro, nel 1938, venne sottoposto ad un restauro che ha cambiato completamente l'assetto del foyer e della sala in cui ci troviamo adesso”, ha spiegato. “L'inaugurazione a conclusione dei lavori avvenne poche settimane prima dell'emanazione delle leggi razziali. E da quel momento la Fenice, come avvenne in tante istituzioni culturali, e non solo, a Venezia, è stato un luogo dove si è praticato in maniera sistematica l'antisemitismo. I nostri archivi riportano e dimostrano come dall'autunno del 1938 siano stati allontanati dal teatro molti dipendenti ebrei, tra cui musicisti e tecnici”. 

Alle parole di Ortombina, sono seguite quelle del sindaco Luigi Brugnaro. "Quando il 27 gennaio del 1945 furono varcati i cancelli di Auschwitz, l’umanità liberò i sopravvissuti, ma spalancò le porte dell’abisso della propria coscienza. Uomini, contro altri uomini, uccisi con violenza e crudeltà secondo un piano predefinito, privandoli non solo della vita, ma prima, progressivamente, dei loro diritti e dell’identità personale, trasformata in un numero tatuato sul braccio o in un freddo elenco di nominativi. La Shoah non è stata la prima strage, né il primo genocidio della storia dell’umanità. Ogni vittima dell’odio merita il rispetto ed il cordoglio di tutti, indistintamente. Ma, come ha avuto modo di ricordare il Presidente Mattarella “ciò che ci interroga e sgomenta maggiormente, di un mare di violenza e di abominio, sono la metodicità ossessiva, l'odio razziale divenuto sistema, la macchina lugubre e solerte degli apparati di sterminio di massa, sostenuta da una complessa organizzazione che estendeva i suoi gangli nella società tedesca” Per questo la Shoah resta unica nella storia della nostra Europa”, ha aggiunto. “Per questo oggi siamo qui, per non dimenticare o, peggio ancora, per non ammiccare alle tesi negazioniste che ciclicamente riappaiono nella Rete. Il nazi-fascismo ha responsabilità storiche innegabili, tra cui le leggi razziali del 1938. Ma siamo donne e uomini di buona volontà. Che non ci voltiamo dall’altra parte. Che ci mettiamo la faccia. Oggi, come ieri, e lo sarà anche domani. Per questo il Comune di Venezia, grazie all’opera tessitrice della presidente del Consiglio Ermelinda Damiano, che ringrazio, è capofila delle iniziative legate al Giorno della Memoria. Per questo oggi la Fenice, il teatro più bello al mondo, ed è qui sul palco il Sovrintendente Fortunato Ortombina, ha aperto le proprie porte. Per questo Venezia è baluardo - ogni giorno – del principio di libertà. Per tutti. Testimone ne è la nostra storia”. 

“Sono qui come padre di cinque figli – ha aggiunto - a cui so di dover trasmettere valori importanti; sono qui come amministratore, perché, ribadisco, la scelta politica di voler “fare memoria” ogni giorno dell’anno non è né di destra né di sinistra; sono qui come cattolico, perché il ruolo delle religioni è fondamentale nel costruire ponti di pace e promuovere il dialogo, come sostiene continuamente Papa Francesco. Purtroppo, in questi anni sono cresciuti gli atti di antisemitismo, ed anche quelli di islamofobia, specie in Europa. E nel resto del mondo anche i cristiani sono vittime di persecuzioni. Dobbiamo tenere alta la guardia perché non si travalichi il confine tra il dissenso e la violenza”. 

"Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera da una nostra concittadina, che iniziava così "Le scrivo poiché sento il desiderio di ringraziarLa dal profondo del cuore per aver voluto esporre - e mantenere esposta (nonostante le sollecitazioni contrarie) - sulla balconata principale della nostra Casa Comune, con tutto il significato istituzionale che questo gesto comporta, la bandiera che rappresenta non solo lo Stato ebraico ma anche, con rare eccezioni, tutti gli ebrei del mondo" e continuava poi con un riferimento all'orribile, ignobile e disumana ferocia  terroristica contro civili inermi, compresi i bambini: "il 7 ottobre 2023 rimarrà per me, per le mie figlie e penso anche per la maggior parte delle ebree ed ebrei, una drammatica data spartiacque tra un prima e un dopo. Prima, quando pensavamo alle tragedie della Shoah come un qualcosa di irripetibile poiché ci sentivamo abbastanza protetti e il Dopo attuale in cui abbiamo dovuto capire che il Prima era solo un’illusione e, anche oggi che ci sentiamo moderni e progrediti, lo sterminio del popolo ebraico farebbe piacere a molti”. La missiva si chiude con una affermazione forte: "lo ammetto, non ho il coraggio di esporla fuori dai miei balconi, come il ‘maghen’ che tengo al collo, per paura di stuzzicare qualche reazione violenta". 

“Oggi siamo qui anche per questa concittadina veneziana, per dare voce e significato al suo solo apparente silenzio”, ha sottolineato Brugnaro. “I simboli, come la bandiera, sono importanti per segnare il nostro posizionamento. In passato, ho anche indossato la kippah per dimostrare la mia vicinanza a chi vive nel terrore per la propria sicurezza e viene costantemente oltraggiato. Non esiterò a farlo nuovamente. La nostra tensione comune deve essere la Pace, una Pace vera, una Pace giusta, che non è solo l'assenza di conflitti o di lanci di missili o spari di cannoni, ma la reale reciproca convivenza tra i popoli, anche tra nazioni distinte, nel rispetto di tutti. Occorre quindi, adesso, una tregua immediata a Gaza, fermare le armi e lasciare operare la diplomazia per liberare gli ostaggi e arrivare ad una conferenza di pace. Pace in Israele, come in Ucraina, Pace nella striscia di Gaza e in Palestina come nel Mar Rosso. Venezia, nell’anno delle celebrazioni per Marco Polo, ribadisce ancora una volta il suo voler essere città di ambascerie e di Pace. Pace in Israele, pace in Palestina”. 

“Caro Presidente Calimani, la Città di Venezia sarà sempre una casa aperta alla Vostra, ma ormai anche nostra, comunità. Uno spazio di confronto, di crescita, di sviluppo, sempre rispettando le regole e il bene comune. Insieme, non dobbiamo avere alcuna paura, ma guardare il futuro con umiltà e coraggio. E continuare a fare memoria. Perché finché c’è conoscenza, c’è attesa, finché c’è consapevolezza, c’è speranza. Shalom amici, Shalom", ha concluso. 

A chiudere gli interventi delle autorità, il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Dario Calimani. “Difficile parlare oggi di memoria della Shoah, mi perdonerete. Difficile ripeterci che ciò che è accaduto non deve accadere mai più, la barbarie e la disumanità godono di ottima salute. Il Giorno della Memoria è stato voluto dal Parlamento per invitare a una riflessione sulle conseguenze del pregiudizio e dell'odio. Quanto accade in Medio Oriente oggi mette a rischio il valore di questa giornata e questo è un argomento che non si può eludere. La Shoah è un peso sulla coscienza dell'Occidente ed è vero che non ci sarebbe nulla di più bello per l'Occidente che liberarsi di questo fardello morale rovesciando il ruolo di vittime e di carnefici. Se si vuole servire la causa della pace, ci si batta per l'incontro e per il dialogo fra i contendenti e i loro sostenitori, ci si batta per annullare le distanze, ci si batta per cancellare i pregiudizi e combattere i miti devianti che perpetuano l'odio. Ciò che sta accadendo in Israele e a Gaza è la terribile conseguenza di una situazione che nessuno in 80 anni ha avuto interesse a risolvere. Allora, ricordiamolo una volta di più, Israele è in buona parte il prodotto della fuga degli ebrei da un'Europa che li ha sterminati e lasciati sterminare. Che il conflitto mediorientale abbia creato e prodotto un nuovo antisemitismo è per il popolo ebraico il paradosso più drammatico e spaventoso che la nostra epoca potesse immaginare. Sia chiaro, non pensiamo che sia antisemitismo criticare la politica di un governo e stigmatizzare le conseguenze dei bombardamenti. E non pensiamo che sia antisemitismo condannare prevaricazioni e soprusi. La morte di innocenti, di qualsiasi appartenenza, è un dolore che dovrebbe accomunare le coscienze senza distinguo e senza attenuanti. Ma così, palesemente, non è. C'è una pietà che va a corrente alternata. Israele, ma tutti gli ebrei, comprensibilmente, si trovano d'un tratto isolati, con il dito puntato contro". 

“C’è chi dice che i morti della Shoah sono oggi strumentalizzati. Colpevoli, dunque, di essere stati massacrati perché se ne potesse usare la morte a fini politici, ottant'anni dopo. Questo è l'antisemitismo, questa è la distorsione della storia e lo strabismo dell'ideologia e di coloro che si fanno meri portatori di bandiere. Questa è la cecità deliberata del pregiudizio ideologico e di strategie retoriche deformanti. Non bastano più i discorsi, le strette di mano, le corone ai monumenti, le targhe alla memoria, le Pietre d'Inciampo. Non cerchiamo compassione. Contiamo su un sussulto di coscienza perché la reazione agli eventi la si riposizioni con un po' di onestà nel contesto della storia complessiva, con tutti i suoi crimini, tutte le sue ingiustizie e i suoi dolori, tutte le sue cause e tutti i suoi effetti. Abbiamo bisogno di liberarci di una cultura secolare fatta di pregiudizi e di odio atavico, di interessi politici e di contrapposizioni ideologiche. Una cultura che ha costruito archetipi di alterità, di estraneità, di inimicizia, una cultura di asservimento e di sterminio. Ed è la stessa cultura che oggi alza la voce impotente per invocare il silenzio delle armi. Auspichiamo dal profondo del cuore che si raggiunga presto una pace giusta per tutti e un clima di convivenza che tenga conto delle categorie del torto e del diritto, magari anche, per quanto faticoso sia, con il contributo di tutti noi”, ha concluso. 

All'iniziativa hanno preso parte anche la presidente del Consiglio Ermelinda Damiano e diversi membri della Giunta, del Consiglio comunale e di Municipalità, nonché le principali autorità cittadine civili e militari. Al termine degli interventi, la cerimonia cittadina è proseguita con il concerto Super Flumina Babiloniae, a cura dell’associazione musicArtemia. Un omaggio a Erwin Schulhoff e Victor Ullmann, due grandi compositori ebrei del Novecento, che ha visto come interpreti il mezzosoprano Valeria Mela, la sassofonista Valentina Renesto, il pianista Giuseppe Bruno e l’attore Delfo Menicucci.

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