
Salon Orchester di Michal Ďuriš
01/02/2017TEATRO TONIOLO
Sabato 11 febbraio 2017 ore 20:30
Orchestrina-caffè viennese composta da musicisti dell’Orchestra RAI di Torino
Direttore e primo violino Michal Ďuriš
musicisti:
Michal Ďuriš - violino concertatore ("Stehgeiger")
Antonio Bassi - violino obbligato
Paolo Giolo - 2° violino
Agostino Mattioni - viola
Carlo Pezzati - violoncello
Antonello Labanca - contrabbasso
Salvatore Passalacqua - clarinetto e rullante
Marco Braito - tromba ... e tanto altro
tutti i musicisti sono membri dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Programma
Wiener Melange
Karl Mosheimer (1895-1962)
Alles tanzt Polka (Tutto è uno slancio di polka)
Jaromír Vejvoda (1902-1988)
Škoda lásky (Peccato dell’amore, meglio nota come Rosamunda)
Franz Lehár (1870-1948)
Vilja Lied (Canzione di Vilja)
Lippen schweigen (Tacciono le labbra)
Piave Marsch
Johann Schrammel (1850-1893)
Wien bleibt Wien (Vienna ognora se stessa)
Johann Strauss figlio (1825-1899)
Tritsch-Tratsch-Polka op. 214 (Polka del pettegolezzo)
Wo die Zitronen blüh’n op. 364 (Dove fioriscono i limoni)
Tik-Tak-Polka op. 365
Johann e Josef Strauss (1827-1870)
Pizzicato Polka
Jacob Gade (1879-1963)
Jalousie “Tango Tzigane” (Tango della gelosia)
Vittorio Monti (1868-1922)
Csárdás (Ciarda)
Non dovete viaggiare fino a Vienna, saper ballare il walzer o aspettare Capodanno x ascoltare dal vivo le musiche tipiche dei Balli Viennesi!
Fra i gruppi da camera nati all’interno dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai la Salon Orchester di Michal Ďuriš è un caso speciale, insolita e brillante come il violinista intorno a cui si è formata. Slovacco, entrato a far parte dell’Orchestra Rai da pochi anni, Ďuriš ha portato con sé l’entusiasmo per la musica popolare e da intrattenimento che ha imparato a suonare nelle feste o in strada, accanto agli Stehgeiger slovacchi, austriaci, ungheresi. Attraverso questa musica rivive, infatti, la memoria della Mitteleuropa, cioè di quel territorio dai confini molto flessibili che riuniva mentalità, gusti, stili e abitudini di vita di una parte ampia dell’Impero austro-ungarico.
In quest’area i ceppi culturali austriaci, slavi e ungheresi si mescolavano e si trasformavano a vicenda. L’identità di ciascuna rimaneva, ma al tempo stesso veniva talmente sfumata da diventare un’atmosfera, un colore, un profumo. Porre questioni d’origine sulla cultura e la musica di quell’area è in molti casi vano: dov’è il confine tra l’accompagnamento ritmico del folklore slavo e l’incisività delle czardas ungheresi? Quanto sono distanti la polka boema e quella suonata in Austria nell’Ottocento? E i valzer, le melodie, i percorsi armonici: dove cominciano gli scambi fra una regione e l’altra, una tradizione e l’altra, e dov’è possibile tracciare il bordo che separa il campo della musica popolare da quello della musica “educata”, per non dire “colta”?
Autori come gli Strauss, Franz Léhar o più tardi Emmerich Kálmán hanno nobilitato con il teatro una musica che era già arrivata nelle città provenendo dalle campagne e dai villaggi. Le loro composizioni, tuttavia, non hanno mai aspirato al rango che veniva attribuito alle opere più serie, eseguite in teatri più sfarzosi con allestimenti molto più impegnativi. Venivano chiamate operette e, come sempre è accaduto nel teatro comico, prendevano di mira la realtà di tutti i giorni con ironia, sarcasmo e brillantezza.
La loro musica, però, non aveva niente di riduttivo. Lo sapevano bene i grandi musicisti che venivano a trarne ispirazione, a partire da Johannes Brahms, amico personale e ammiratore di Johann Strauss Jr., così come lo hanno capito i più grandi direttori d’orchestra del Novecento.
Il Concerto di Capodanno di Vienna ha diffuso in tutto il mondo l’affermazione del valzer per grande orchestra, ma da poco ha spinto anche i musicisti a risalire più indietro nel tempo, verso l’ambiente dei locali e delle feste che era appunto la fucina di questa musica.
La Salon Orchester di Michal Ďuriš, propone questo repertorio restituendogli quella sensibilità per il fraseggio, quel gusto per i cambi di tempo e quell’innata forma di eleganza che lo caratterizza.