Una calle, una storia: "Tabacchi"

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Fondamenta della fabbrica dei Tabacchi
 

Una calle, una storia: "Tabacchi"

17/01/2019

Il toponimo “Tabacco” si trova in più punti di Venezia: a San Stin nel sestiere di San Polo e a Cannaregio, vicino all'Anconeta, appare il nizioleto “Calle del Tabacco” che deve il nome agli spacci di tabacco che si trovavano all'imboccatura di queste calli, mentre a Santa Croce, vicino a Piazzale Roma, nella zona a nord ovest della città, ci sono i toponimi “Fondamenta della fabbrica dei Tabacchi” e “Calle nuova dei Tabacchi”, che ricordano la presenza, fino a tempi recenti, della Manifattura.

Il complesso di edifici destinato alla lavorazione del tabacco, dove sorge ora la Cittadella della Giustizia, fu costruito nell’area compresa tra il Rio delle Burchielle e il Rio di Sant’Andrea a partire dal 1786, su iniziativa di Girolamo Manfrin, ricchissimo imprenditore del tabacco. Nel corso dell’Ottocento in quell'area  si concentrarono molte attività manifatturiere. Gli edifici in pietra circondavano un ampio cortile, con un pozzo utilizzato per asciugare al sole le foglie del tabacco; intorno c'erano laboratori, servizi, stalle, depositi, macine per ridurre le foglie in farina e stufe per asciugarle. In precedenza l’attività si svolgeva nel sestiere di Cannaregio, alla Madonna dell’Orto, successivamente sulla Fondamenta delle Penitenti e poi a Sant'Andrea, in un locale chiamato il “Cao” (Capo), perché posto all'estremità della città.

Il Regno d’Italia centralizzò la gestione dei vari stabilimenti per la lavorazione del tabacco esistenti nell’Italia pre-unitaria, affidandola nel 1884 alla Direzione dei Monopoli di Stato. La Manifattura Tabacchi di Venezia fu attiva dagli ultimi decenni dell’Ottocento, con oltre 1500 posti di lavoro (ridotti a 1200 nei primi anni del Novecento), fino alla chiusura nel 1996 con solo 178 dipendenti.

Tutte le fasi della lavorazione erano esercitate prevalentemente da donne, che potevano usufruire di un nido per lattanti e divezzi nel vicino Rio Terà dei Pensieri. La retribuzione era a cottimo e il lavoro molto duro e poco sano; tuttavia, la gestione dell’attività da parte dello Stato garantiva, al di là della rigidissima disciplina, una certa tutela per le operaie. Le tabacchine nel 1887 conquistarono un orario di lavoro di 8 ore al giorno più mezz’ora di intervallo e 50 giorni pagati di malattia; nel 1904 si passò a 7 ore con 1 ora di riposo. Il salario era però molto basso.

Le tabacchine reagirono spesso con scioperi e manifestazioni anche tumultuose, ma i passi avanti nel miglioramento delle condizioni di lavoro della categoria si devono soprattutto alla caparbietà e all'impegno di Anita Mezzalira, operaia assunta nel 1901, a soli quindici anni, grazie ad un attestato del Comune che ne riconosceva la condizione di “miserabile”. Quel duro lavoro, in un clima reso malsano dalle esalazioni del tabacco, la spinse ad aderire alla Camera del Lavoro. Si iscrisse ai sindacati e al Partito Socialista Italiano diventando promotrice delle agitazioni del 1914-1915 che portarono a uno sciopero di due mesi, il più importante della storia della categoria, per rivendicare principalmente salario, pensioni e salubrità dell'ambiente di lavoro. Successivamente si iscrisse al Partito Comunista Italiano, ma venne arrestata come oppositrice al Fascismo ed espulsa dalla Manifattura nel 1927. Solo nel 1945 fu riassunta e nel 1946 fu eletta in Consiglio comunale, nelle fila del Pci. Durante il mandato del sindaco comunista Giobatta Gianquinto, fu la prima donna ad entrare a far parte della Giunta del Comune di Venezia. Anita è morta a Venezia nel 1962. Nel 2009 le è stata intitolata una via del Lido.

I Monopoli di Stato disposero la chiusura della Manifattura nel febbraio del 1996, mentre l’area passò al Comune di Venezia, che firmò il contratto di acquisizione del complesso per 97 miliardi di lire.

Una calle, una storia: viaggio tra i toponimi veneziani alla scoperta del passato della Serenissima

 

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