La presidente del Consiglio comunale Damiano e l'assessore Mar alla rievocazione della “Beffa di Buccari”

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un momento della cerimonia
 

La presidente del Consiglio comunale Damiano e l'assessore Mar alla rievocazione della “Beffa di Buccari”

10/02/2018

    La “Beffa di Buccari”, di cui ricorre oggi il centenario, è stata ricordata questa mattina, davanti al sagrato della chiesa del Redentore, alla Giudecca, con una cerimonia pubblica promossa dall'Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Iveser), in collaborazione con il Comune di Venezia, l'Istituto di studi militari e marittimi di Venezia e l’associazione Marinai d’Italia.

    Presenti, tra gli altri, con la presidente del Consiglio comunale, Ermelinda Damiano, e l'assessore comunale al Turismo, Paola Mar, il direttore dell'Iveser, Marco Borghi, il tenente di vascello Biagio Tomarchio, in rappresentanza dell'Istituto di studi militari e marittimi di Venezia, e lo storico Pietro Lando, che ha rievocato brevemente la vicenda.

    Durante la Prima guerra mondiale tre Mas (Motoscafi anti sommergibile) comandati da Costanzo Ciano, nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918, partirono da Venezia e penetrarono per oltre 80 km tra le linee costiere nemiche fino al porto di Buccari, dove lanciarono sei siluri contro alcune navi avversarie. Cinque siluri non esplosero, impigliandosi nelle reti di protezione dei piroscafi alla fonda, mentre uno, esplodendo, diede l'allarme. Le unità italiane riuscirono successivamente a riguadagnare il largo indisturbate, perché i posti di vedetta austriaci, non credendo possibile che imbarcazioni italiane fossero stati in grado di entrare fino al porto, le scambiarono per mezzi della propria flotta.

    L'impresa ebbe una grande risonanza, in una fase della guerra in cui gli aspetti psicologici stavano acquistando un'incredibile importanza. A tale episodio venne data particolare enfasi da parte di Gabriele d'Annunzio, che imbarcato su uno dei Mas, narrerà successivamente la vicenda, chiamandola appunto “La beffa di Buccari”.

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