Casinò: una nota dell’Amministrazione comunale

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Casinò: una nota dell’Amministrazione comunale

30/11/2017

 

Nel corso del Consiglio Comunale di oggi, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro è intervenuto sulla situazione della Casa da Gioco veneziana. Per dare completezza d'informazione, l'assessore alle Partecipate Michele Zuin ha dato lettura integrale della seguente nota:

“Alla luce della situazione al 31.12.2016 (perdita di esercizio di 2,4 milioni di euro con conseguente ricaduta nella fattispecie di cui all'art. 2447 c.c.) il Consiglio Comunale è dovuto intervenire con una ricapitalizzazione con contestuale piano di ristrutturazione aziendale finalizzato a riportare in equilibrio i conti della società.

Detto piano aveva come cardini essenziali:

  • l'avvio di una fase di trattative sindacali per recuperare maggiore flessibilità organizzativa e operativo con riduzione del costo del lavoro a decorrere dal 1 luglio 2017;
  • azione su altre voci di costo;
  • la realizzazione di nuovi investimenti nella sede di Cà Noghera per il rilancio, anche in termine di immagine, e l'incremento delle attività di Gioco con ampliamento dell'orario di apertura e dell'offerta;
  • la previsione, in caso di mancato raggiungimento dell’equilibrio economico, della chiusura temporanea della sede di Cà Vendramin.

Per poter dare attuazione a dette previsioni nel corso dei mesi da febbraio a giugno 2017 si sono svolte le trattative sindacali volte ad ottenere un accordo sulla revisione complessiva del contratto aziendale del lavoro.

Le trattative sindacali svoltesi non hanno avuto esito positivo entro i termini necessari a rispettare le indicazioni del piano, che prevedeva l’applicazione di nuovi criteri contrattuali a decorrere da luglio.

Le trattative sono state accompagnate da una serie di iniziative sindacali che si sono acuite a seguito del recesso dal Contratto di Lavoro Aziendale e l’applicazione unilaterale di un nuovo Regolamento disciplinante il rapporto di lavoro del personale.

In ogni caso a settembre 2017 la Società e l'Amministrazione Comunale hanno deciso di riaprire un tavolo di trattativa sindacale volto alla stipulazione di un contratto di lavoro che possa far rientrare la situazione di conflittualità pur nel rispetto dei predetti principi volti al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e al contempo al rilancio della Casa da Gioco.

Dopo due mesi di nuova trattativa la maggioranza delle parti sindacali ha presentato una proposta di piattaforma sindacale nel mese di novembre. Altre proposte sono pervenute nel mese precedente da singole sigle.

Pur a fronte dell’avvio di questo percorso teso al superamento della situazione di conflittualità, sono stati presentati singolarmente o dalle sigle maggiormente rappresentative dei ricorsi avverso il recesso e/o l’applicazione del regolamento che se accolti potrebbero determinare gravi conseguenze sulla continuità dell'attuale organizzazione aziendale o indirettamente sul bilancio del Comune di Venezia.

In particolare:

1. Causa per il riconoscimento degli effetti della norma transitoria del vecchio CAL ai dipendenti assunti ante 1999.

 

In data 31 ottobre 2017 una trentina di lavoratori ante 1999 hanno impugnato il Regolamento aziendale di lavoro sostenendo che i benefici economici previsti dal vecchio CAL per questi lavoratori siano delle voci retributive consolidate ed entrate a far parte del contratto di lavoro individuale di ciascuno.

Sempre nella denegata ipotesi di accoglimento di questa causa la cui sentenza potrebbe essere emessa nel corso del 2018 gli effetti sul bilancio della società sarebbero pari a circa 3,9 milioni di euro annui di maggiori costi con un impatto nel bilancio 2017 (e quindi con un obbligo di accantonamento) di circa 1,9 milioni di euro per il consolidamento di una premialità riguardante circa 150 lavoratori

2. Causa per comportamento Antisindacale ex art. 28 dello statuto dei lavoratori.

Il 23 novembre 2017 (nel pieno delle trattative sindacali su un possibile nuovo CAL come sopra detto), le cinque sigle sindacali maggiormente rappresentative delle società hanno notificato un ricorso ex art. 28 L. 300/1970 lamentando l'antisidacalità del recesso unilaterale dal CAL e dell'applicazione sempre in via unilaterale di un regolamento di disciplina dei rapporti di lavoro e chiedendo il ripristino del vecchio CAL a far data dal primo luglio 2017.

L'udienza è fissata per il prossimo 15 dicembre 2017 e, vista la natura del procedimento, la sentenza potrebbe essere emanata entro fine anno

Sempre nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso gli effetti sul bilancio della società sarebbero pari a circa 4,5 milioni di euro di maggiori costi e con un impatto potenziale di una perdita di conto economico di pari importo

E’ del tutto evidente che in una tale situazione di impossibilità di azione su una parte consistente dei costi aziendali, così come già approvato dal Consiglio Comunale con la Deliberazione n. 19 del 24 maggio 2017, si dovrebbe dare attuazione al piano di risanamento e rilancio procedendo con la chiusura temporanea della sede di Cà Vendramin (che si ricorda produrre una perdita di esercizio di circa 18 milioni di euro all'anno) e la conseguente apertura di una procedura di esubero di circa 150 dipenden

Oltre a tali due contenziosi, si deve richiamare la seguente causa in corso che determinerebbe, in caso di esito sfavorevole, conseguenze probabilmente non assorbibili nemmeno con la chiusura della sede di Cà Vendramim.

3. CAUSA C.D. 2790.

In data otto agosto la Suprema Corte di Cassazione ha depositato l’ordinanza n. 19698/2017 pronunciata all’esito giudizio all’udienza camerale tenutasi il 1° marzo 2017.

Detta ordinanza segue una precedente del 2016 n. 21888 che si era già espressa sul punto relativo all'interpretazione dell'accordo aziendale siglato nel 1990 in cui di dipendenti agivano per vedersi riconosciuto il diritto a percepire il trattamento economico minimo garantito in relazione alle mance previsto dall’art. 48 del contratto collettivo aziendale di lavoro 1.1.1990-30.6.1993, riportato negli stessi termini nei successivi rinnovi 1.7.1993-31.12.1996 e 1.1.997-31.12.1998, nonché nella disposizione di cui all’art. 23 del contratto collettivo aziendale 1.1.1999-31.12.2002.

Tale causa verteva in particolare sul riconoscimento di un meccanismo di salvaguardia della mance pari a 2.790 lire su ogni milione di incasso per ogni impiegato sul totale delle mance anche quelle di competenza della Società.

In sostanza i dipendenti richiedevano il riconoscimento di tale minimo garantito su tutte le mance incassate e non solo sulla parte di spettanza dei dipendenti a partire dall'agosto 1999 al 2007 anno in cui la clausola contrattuale è stata rivista, in pieno accordo con le organizzazione sindacali, al fine di eliminare qualsiasi dubbio interpretativo.

Il ricorso in Appello e poi in Cassazione deriva dall'impugnazione da parte della Società di due sentenze del 2007 ed 2008 che avevano visto il Tribunale di Venezia pronunciarsi a favore dei dipendenti.

La Corte d'appello aveva accolto la tesi della Società riconoscendo la correttezza della interpretazione delle norme collettive aziendali fornita dalla difesa del Casinò Municipale di Venezia S.p.A.. in merito al pagamento del predetto minimo garantito che non riconoscendo tale diritto per la quota delle mance di competenza dell'Azienda (pari all'ora a circa il 50% delle mance).

La Suprema Corte, invero, rinviare alla Corte d’Appello chiedendo una analisi degli elementi motivazionali.

Se nella denegatissima ipotesi i ricorrenti dovessero risultare vittoriosi la società sarebbe condannata ad un importo il cui costo per l’azienda è stimato in circa 17 milioni di euro per 155 presone (di cui 70 cessati), per un valore unitari di 109.000,00.

Una simile condanna determinerebbe l'impossibilità di garantire la continuità aziendale, infatti, la perdita di conto economico sarebbe di una entità tale da portare in negativo il patrimonio netto e viste le somme in gioco il socio Comune non avrebbe la possibilità di ricapitalizzare come non potrebbe assorbire un minor trasferimento in termini di entrate nel proprio bilancio, se non a rischio di un disequilibrio finanziario ed economico strutturale per l'Ente.

Pertanto in questa ipotesi non rimarrebbe altro che l'avvio di una procedura concorsuale che metterebbe a rischio l'operatività e il posto di lavoro di tutti i 527 dipendenti, con il relativo indotto (stimato in oltre 200 persone).

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